N.A.R.M. (NeuroAffective Relational Model)
Far fiorire la Vita con la libertà di essere
UN MODELLO CHE CURA I TRAUMI DELL’ETÀ EVOLUTIVA
Il Dr. Laurence Heller PhD è un clinico con esperienza trentennale, insegna regolarmente a livello internazionale, è stato il co-fondatore del Gestalt Insitute of Denver ed è membro Senior della facoltà Somatic Experiencing Training Institute. È l’ideatore di questo modello innovativo, ad approccio somatico, psicodinamico e interattivo, utile per l’elaborazione dei traumi precoci, dello sviluppo e i traumi da shock. Funziona con l’identità dei clienti e le dinamiche relazionali. Lavora simultaneamente con la fisiologia dell’individuo, sostenendo i punti di forza e la resilienza a disposizione del cliente nel “qui e ora”, senza entrare nei dettagli della storia per non rinforzare gli eventi passati, pur senza trascurarli. NARM permette di avviare un processo di auto guarigione, con la capacità di autoregolarsi e stabilire una connessione con le parti del proprio Sé che sono organizzate, coerenti e funzionali, venute a mancare a seguito di uno squilibrio relazionale con le figure di attaccamento. Il lavoro segue i continui flussi di informazioni che vanno dal corpo al cervello e viceversa: le informazioni “dall’alto verso il basso” (Top-Down) vanno ad intrecciarsi al processo psicodinamico basato sul corpo, “dal basso verso l’alto” (Botton-up). Il lavoro dall’alto verso il basso porta attenzione alle cognizioni e alle emozioni come punto principale, l’approccio dal basso verso l’alto, si concentra sul corpo, sulla sensazione sentita (felt sense), sulle risposte istintive così come vengono mediate attraverso il cervello rettile (parte più antica del cervello) verso i più alti livelli di organizzazione cerebrale. Percorrendo entrambe le direzioni il terapeuta aiuta il cliente a diventare curioso e interessato al modo in cui le risposte corporee del passato continuano a presentare la loro influenza nel contesto del tempo presente e, a come cambiare queste risposte per consentire un funzionamento più flessibile e adattivo nel presente e nelle proiezioni verso il futuro. (Cos’è il trauma? Per approfondire clicca qui)
PRINCIPI BASE
Il Modello Relazionale NeuroAffettivo™ si concentra sulle funzioni fondamentali e sull’unità funzionale dello sviluppo biologico e psicologico:
- Integra insieme un orientamento basato sul sistema nervoso e uno relazionale.
- Fornisce interventi clinici aggiornati sullo sviluppo che usano la consapevolezza somatica e un orientamento alle risorse per ancorare l’autoregolazione al sistema nervoso.
- Lavora clinicamente sul legame tra le questioni psicologiche e il corpo aiutando ad accedere alle capacità di autoregolazione del corpo e dando sostegno alla ri-regolazione del sistema nervoso.
- Fa un’indagine consapevole in quelle nostre più profonde identificazioni e contro-identificazioni che noi prendiamo come la nostra identità.
Il NARM raccoglie l’esperienza del metodo sviluppato dal dr Peter Levine quale Somatic Experiencing (che lavora sul trauma partendo dalla fisiologia del corpo. (Per approfondire clicca qui), e lo integra con vari orientamenti clinici psicodinamici, utilizzando la consapevolezza somatica per favorire la regolazione del sistema nervoso. Usa quattro principi organizzativi primari:
- Sostiene la duplice consapevolezza, la connessione e l’organizzazione
- Esplora l’identità per chiarire quali siano gli schemi iniziati nel passato nel qui e ora
- Lavora nel momento presente restando ancorato all’esperienza del corpo
- Regola il sistema nervoso per risolvere credenze e identificazioni.
Heller riconosce 5 bisogni fondamentali di sopravvivenza e adattamento: Connessione, Sintonizzazione, Fiducia, Autonomia e di Amore e Sessualità. Se nella fase più delicata della vita questi bisogni non vengono soddisfatti, i bambini imparano a non esprimerli perché non li riconoscono e spesso sentono di non meritare che vengano soddisfatti. Da adulti questa carenza finirà per dominare tutta la vita con evidenti sintomi e problemi a più livelli: psicologico, fisico, emozionale, relazionale, neuro fisiologico, arrivando a compromettere seriamente la capacità di autoregolazione, il senso del sé, l’autostima.
Diversamente quando questi sono soddisfatti, noi sperimentiamo sicurezza nel nostro ambiente, fluidi e connessi con noi stessi e con gli altri, percepiamo un senso di espansione. Inizialmente, ogni stile è stato interiorizzato per proteggere il rapporto di legame primario, hanno una funzione adattiva e rappresentano un successo non una patologia. Tuttavia, poiché il cervello usa il passato per predire il futuro, questi schemi di sopravvivenza restano fissati nel nostro sistema nervoso creando un’identità adattiva, ma falsa. Il persistere di questi schemi arriva a distorcere l’esperienza presente e, nonostante arriviamo a sentirci dentro dei confini adattivi limitanti, sconnessi dal corpo e da noi stessi, con sintomi di varia natura, tendiamo a restare in questi schemi e confini appresi con la paura di superarli, precludendoci la vitalità e la capacità di connessione. Ampie ricerche nel campo delle neuroscienze mettono in evidenza che il trauma da shock e il trauma dello sviluppo compromettono la capacità di regolare le emozioni e alterano funzioni autonome come il respiro, il battito cardiaco, la pressione del sangue, la digestione e il sonno e la maggior parte delle infinite difficoltà e dei problemi emotivi sono riconducibili a questi vissuti ogni stile di sopravvivenza. (Come si esprime il trauma? Per approfondire clicca qui)
UN APPROCCIO CHE FA FIORIRE LA VITA
Per quanto sia stato pesante il trauma che abbiamo vissuto, ci siamo isolati e siamo diventati introversi, in ognuno di noi nella profondità è presente un movimento organico spontaneo, un impulso che porta verso la guarigione. Questo impulso è il carburante del Modello Relazionale NeuroAffettivo™.
Gran parte della psicoterapia psicodinamica si è orientata verso l’identificazione della patologia e si è focalizzata sui problemi. Quando le terapie si concentrano sulle mancanze, sul dolore e sulle disfunzioni, il cliente diventa abile a concentrarsi su queste, rendendo difficile l’autoregolazione.
NARM è un modello clinico che si concentra meno sul perché una persona è come è, ma più su come essa distorce l’esperienza nel momento presente con lo stile di sopravvivenza integrato. Esso esplora la storia personale nella misura in cui gli schemi del passato interferiscono con l’essere presenti e in contatto con noi stessi e con gli altri nel qui e ora.
NARM porta attenzione alle risorse, sia interne che esterne, in modo da favorire lo sviluppo di una crescente capacità di autoregolazione. Il cliente è invitato a un fondamentale processo attivo di indagine ed esplorazione, a più livelli di esperienza: cognitivo, emozionale, sensazione sentita (Felt Sens) e fisiologico e viene aiutata a divenire padrone delle proprie azioni nelle difficoltà della vita attuale. Usando la doppia consapevolezza, che è ancorata al momento presente, la persona diventa consapevole degli schemi cognitivi che iniziarono nel passato, senza cadere nella trappola di rendere il passato più importante del presente.
Copyright 2009-2012, Laurence Heller
Ogni ferita è in grado di essere risanata e nessuna ferita è per sempre!
Ritrovare se stessi significa spezzare i rami secchi dell’infelicità, vuol dire ritrovare l’energia vitale, sentirsi più resilienti di fronte gli eventi che la vita ci mette di fronte, significa mettere ordine nei propri pensieri ed emozioni senza esserne sopraffatti, vuol dire recuperare la connessione e la vitalità a livelli profondi consentendo l’ accettazione di se stessi, così come si è, e di vivere la vita così come si mostra, con fiducia, speranza e serenità nel cuore. Come afferma Bessel Van Der Kolk , “imparare come si è veramente e accettare il momento presente è uno dei primi passi per risolvere e svelare il corpo emotivo del trauma, una volta che inizi ad avvicinarsi al tuo corpo con la curiosità piuttosto che con la paura, tutto cambia.”
Nell’infanzia si celano le radici della vita intera gli eventi avversi vissuti in questo periodo possono indebolire e ammalare queste radici. Nella fase più delicata della vita di un bambino la costruzione di risorse fondamentali, il senso di autonomia con la capacità di relazionarsi in modo sano, sono basati sulla soddisfazione dei bisogni fondamentali. In una fase precoce della vita, abbiamo visto che quando questi aspetti sono compromessi o mancanti possono dare origine a sofferenze e infiniti problemi. Molteplici possono essere le cause di queste mancanze e altrettante possono essere le modalità di risposta che si attivano nel bambino per riuscire a gestire uno o più eventi dolorosi.
Nella fase adulta gli schemi integrati nel passato possono portare l’individuo a disconnettersi da se stesso, dai propri bisogni, dall’esperienza fisica ed emotiva e allo stesso tempo può disconnettersi dall’impegno sociale o da altre persone, la fiducia viene meno e può essere intaccata la capacità di autonomia. La persona può vedere compromessi e frammentati i propri confini personali (Per approfondire clicca qui), con la capacità di stabilire dei limiti e imporre il proprio volere (dire di “no”). Non riuscendo a difendersi nutre risentimento e viene meno la capacità di essere in relazione con se stesso e di avere una buona relazione con gli altri. Nella gran parte dei casi i sopravvissuti al trauma non sono consapevoli di averlo subito, molti ne ignorano gli effetti e difficilmente li riconducono ad un trauma subito, il tutto aggravato dal fatto che il sopravvissuto al trauma non riuscendo a comprendere le proprie esperienze vede compromessa la capacità di chiedere l’aiuto di cui ha bisogno. (Scopri quali sono i passaggi che trasformano il disagio Clicca qui).
“Non possiamo cambiare il passato ma possiamo cambiare il presente risvegliando il nostro Sé dormiente per dare un senso alla vita.”
“La verità sull’infanzia è impressa nel nostro corpo e vive nella profondità della nostra anima, che non dimentica. Il bambino ferito e smarrito si nasconde, nel tempo sarà il nostro corpo a pagarne il prezzo.”Caterina
Il trauma letteralmente significa “ ferita”, una ferita profonda che può creare alterazioni permanenti nella chimica del cervello e nella fisiologia del corpo. Anche un’esperienza apparentemente banale o scontata può diventare un trauma per un bambino, più è precoce la fase in cui viene vissuto l’esperienza traumatica maggiori sono gli effetti riportati, a breve, medio e lungo termine. Effetti tali da rendere particolarmente difficile intraprendere il viaggio della vita, prendersi cura di sé, sentire un senso di benessere mentale, possiamo perfino dimenticare di avere dei confini corporei personali, (Leggi l’articolo sui confini cliccando qui) soprattutto se il bambino subisce l’evento traumatico dalle persone da cui si aspetta sostegno, protezione e amore. Una sofferenza che viene conservata nella memoria implicita creando nel tempo sintomi di ogni tipo.
Ferenczi paragona l’esperienza traumatica in un bambino, come a un attacco improvviso in piena notte mentre la persona dorme tranquilla, impreparata e non può difendersi affermando che, non c’è trauma, shock né spavento che non abbia come conseguenza la frammentazione della coscienza di sé, della capacità di agire e di pensare in difesa del proprio Sé, suggerendo che, l’amnesia non è sempre frutto di rimozione e repressione, ma può essere determinata dalla dissociazione. (Diario clinico: 1931, p. 61- 1934, p.101- 1932b, p.103).
Il dr. Peter Levine e la dr.ssa Maggie Kline, affermano che la nostra cultura impone traumi dolorosi e umilianti ai bambini in molti modi inconsapevoli, causati da antiche inconsapevolezze, da pratiche di nascita inutilmente intrusive e tecniche pedagogiche istituzionalizzate e meccaniche, ai casi di divorzio in cui i bisogni emotivi del bambino si perdono nell’angoscia reciproca dei genitori che, nella gran parte dei casi, tendono a trascurarne gli effetti.
Molti studi dimostrano che l’esposizione prolungata a eventi sfavorevoli durante l’infanzia sono sempre più diffusi (American Psychological Association, 2008, Finkelhor, Turner, Shattuck, Hamby e Kracke, 2015). Quello che negli ultimi decenni è stato appurato è che gli effetti dell’evento traumatico, occorso nella fase precoce della vita, risulta essere particolarmente pervasivo e complesso rispetto a quelli che si verificano nella fase adulta, come complesse risultano essere anche le modalità di adattamento e le reazioni. In particolare, è stato dimostrato che i traumi interpersonali hanno effetti più profondi rispetto a quelli impersonali (Van der Kolk et al, 1996;2005). L’ambiente familiare è quello maggiormente a rischio per sviluppare un trauma in un bambino o un adolescente rispetto alla comunità o nelle relazioni impersonali, e qualsiasi evento può risultare minaccioso o altamente traumatico.
Secondo dati statistici elaborati dall’Autorità garante dell’infanzia, Cismai e Terre des Hommes, 100 mila casi l’anno di abuso sui minori, circa una bambina su cinque e un bambino su venticinque prima dei 18 anni, quasi 15 al giorno tra quelli segnalati nel nostro Paese, di questi il 19% è vittima di violenza assistista, considerata la seconda forma di violenza sui minori. (Fonte:http://www.vita.it/it/article/2017/07/06/cismai-in-italia-un-bambino-su-5-e-maltrattato/143937/)
Paradossalmente, nella storia, emerge con chiarezza la resistenza nel riconoscere e poi legittimare l’esistenza del trauma psichico infantile e delle sue conseguenze nel corso dello sviluppo. (Lanius, Vermetten e Pain, 2012; Foti, 2007).
Il cervello memorizza il trauma e la persona che lo ha subito rimane imprigionata nella coazione a ripetere, cercando inconsciamente situazioni simili nel tentativo di risolverlo, finchè non viene affrontato in modo concreto e profondo per ritrovare se stessi e il proprio equilibrio. La risoluzione delle sofferenze infantili non soltanto influiscono sulla vita dell’individuo, ma determina anche la rimozione dei tabù della società.
I bambini si affidano completamente alla volontà delle figure di riferimento che rappresentano fonte di sopravvivenza, sostentamento fisico, affettivo, emotivo e psicologico. Noi siamo per loro il primo esempio concreto. Attraverso le figure di riferimento apprendono come affrontare le esperienze di vita. I bambini crescendo in un ambiente sereno dove i loro bisogni sono accolti, nutriti e supportati da figure di riferimento responsabili, amorevoli, empatiche e presenti, svilupperanno fiducia, autostima con la capacità di regolare i propri stati emotivi e affrontare gli eventi difficili della vita senza rimanerne sopraffatti.
Dobbiamo essere pienamente consapevoli che i bambini risentono di ogni azione, comportamento, mancanza, assenze, abusi o maltrattamenti, che siano visibili, velati o nascosti, e le conseguenze vanno ad incidere sulla capacità auto-regolatrice dei bambini, al punto da interrompere il normale funzionamento dei sistemi di risposta allo stress del corpo e del cervello, che possono influenzare il funzionamento emotivo e cognitivo (Putnam, 2006) e tenderanno a ricordarlo fisicamente sotto forma di sintomi fisici. (Van der Kolk) I bambini nel trauma imparano a separare l’esperienza dolorosa al fine di proteggere la figura di attaccamento con il genitore.
Come genitori nella gran parte dei casi entriamo in questa intensa esperienza con gli schemi del passato. Non dobbiamo essere genitori perfetti, perché il genitore perfetto non esiste, ma possiamo essere genitori efficaci in un ruolo che incontra diverse difficoltà che richiedono la nostra massima attenzione, perché attraverso le figure di attaccamento i bambini ricevono sia informazioni sulla realtà del mondo esterno, il modello di sé e dei genitori, sia i modi con cui rapportarsi e trattare con queste realtà. Tali informazioni, provenienti dalle interazioni con le figure di riferimento, vengono integrate come schemi fin dalle prime esperienze, perdurano tutta la vita regolando le modalità di relazione in modo automatico e intuitivo in base all’apprendimento ricevuto. Il segreto secondo Bruno Bettelheim nell’essere “un genitore quasi perfetto” sta nel mettersi nei panni dei bambini nelle varie fasi di vita, costruire con loro un profondo e duraturo rapporto di comunicazione emotiva e affettiva.
Numerosi studi scientifici nel campo delle neuroscienze evidenziano che le esperienze traumatiche infantili sono particolarmente comuni rispetto a quello che si pensa, molto varia in base alla fase dello sviluppo, alla durata dell’evento, alla natura del trauma, che possa essere impersonale o interpersonale o cumulativo. Quello che negli ultimi decenni è stato appurato è che gli effetti dell’evento traumatico, occorso nella fase precoce della vita, risulta essere particolarmente pervasivo e complesso rispetto a quelli che si verificano nella fase adulta, come complesse risultano essere anche le modalità di adattamento e le reazioni. In particolare, è stato dimostrato che i traumi interpersonali hanno effetti più profondi rispetto a quelli impersonali (Van der Kolk et al, 1996;2005). L’ambiente familiare è quello maggiormente a rischio per sviluppare un trauma in un bambino o un adolescente rispetto alla comunità o nelle relazioni impersonali, e qualsiasi evento può risultare minaccioso o altamente traumatico.
La realtà alla base di un trauma psichico è che può interferire in modo profondo, modificando in modo radicale e permanente la biologia e la psicologia dell’individuo, capovolgere ogni certezza di controllo da parte dell’uomo, facendo luce su come l’evento traumatico possa agire direttamente e in modo incisivo, sulla psiche e agire sulla personalità, modificandola senza che questi possa fare nulla per evitarlo.
Dato che le sfide con cui si confrontano i genitori che sperimentano stress sul versante economico, psicologico e sociale sono numerose, alcuni ricercatori raccomandano un approccio operativo globale e competente per affrontare eventuali difficoltà nel modo più sereno possibile. (Fournier e Perry, 1998; Kesner e McKenry, 2001; Stoiber e Waas, 2004). (Per sapere cos’è il trauma clicca qui)
IL PRIMO PASSO è quello di riconoscere che la visione di un adulto è diversa da quella di un bambino e che quest’ultima è quella che conta nelle singole esperienze vissute. Molti studi sul trauma mettono in evidenza che eventi potenzialmente traumatici sono spesso sottovalutati dalle figure di riferimento e una conoscenza più approfondita, nella gran parte dei casi, può evitare il trauma. Molto dipende dal supporto che viene fornito al momento dell’evento con aspetti fondamentali affinché il sistema recuperi l’equilibrio senza danni.
AIUTARMI A DIVENTARE UN ADULTO FELICE
Spiegami cos’è avvenuto, sono solo un bambino e può essere difficile per me comprendere e accettare quanto è capitato a me o alle persone che mi sono vicine.
Parlami con delicatezza, guardandomi negli occhi, con parole semplici, esempi concreti.
Rassicurami usando gesti e carezze, senza timore, senza dirmi false verità, senza mentire: preferisco la verità… sempre, perché attraverso la sincerità costruisco fiducia e sincerità!
Sostieni il mio pianto, aiutami parlandomi con calma, a bassa voce e tanta pazienza, mentre mi abbracci e mi sostieni, senza soffocarmi di attenzioni o manifestando la tua ansia. La tua tranquillità sarà la mia tranquillità!
Ascoltami molto, con affetto e moltissimo amore, col rispetto dei miei tempi ed emozioni che potrei manifestare in modo eccessivo o irrazionale, perché non so bene cosa sono e nemmeno come posso gestirle.
Se manifesto spesso mal di testa, mal di pancia, sono ansioso, se manifesto tristezza o rabbia frequente, non riesco a dormire o mi prendono paure strane, prestami attenzione è possibile che quanto sia accaduto mi stia facendo ancora tanto male e, quando ti prendo la mano, accoglimi e sostienimi, perché insieme alla fiducia che ci sarai sempre per me, ti sto donando tutto il mio cuore!
OGNI BAMBINO È DIVERSO ED UNICO ANCHE NELLE RISPOSTE
Non tutti i bambini reagiscono allo stesso modo alla genitorialità problematica, con la stessa gravità o medesimi disturbi. L’esperienza clinica dimostra che in alcuni casi nel bambino, l’esposizione ad eventi potenzialmente traumatici non comportano effetti considerevoli sullo sviluppo, mentre in altri casi eventi non ritenuti fonte di trauma influiscono sullo sviluppo con problematiche di varia natura e una relazione non deve essere necessariamente abusante per produrre un trauma. Determinante è come viene percepito l’evento.
(Per approfondimenti sulla categoria degli eventi Clicca qui)
“Non è la storia del trauma che predice gli effetti del trauma, ma la possibilità di cercare e trovare conforto tra le braccia di un altro” (Van der Kolk, 1996).
Vi è una categoria di traumi riconosciuti universalmente come gravi, poi vi è una seconda categoria su cui portare attenzione e si riferisce ad eventi potenzialmente critici da non trascurare, nello specifico, sono esperienze legate alla fase dell’attaccamento e dello sviluppo che possono generare un trauma. Trattasi di eventi legati ad una fase precoce della vita e nascono da una mancanza di educazione volta a promuovere nel bambino comprensione e resilienza. Una relazione non deve essere necessariamente abusante per infliggere un trauma, la percezione gioca un ruolo importante e quello che per un adulto risulta essere un evento all’apparenza insignificante nel bambino può provocare effetti collaterali avversi sullo sviluppo di un bambino, sia a livello fisico che emotivo e neurologico, molto dipende da come viene gestita la situazione. Vi sono delle variabili che rappresentano le condizioni di maggior rischio nello sviluppo di un trauma complesso, tra queste la mancanza di un caregiving protettivo e accogliente e tutte quelle esperienze che, rispetto agli eventi avversi singoli e isolati, si ripetono a intervalli di tempo prolungati per almeno un anno con effetti cumulativi e coinvolgono il contesto familiare, normalmente preposto a garantire il benessere del bambino. Possono riferirsi ad esperienze sfavorevoli dirette o assistite, come testimone di ripetuti e gravi episodi di violenza interpersonale a cui il bambino non si può sottrarre.
La lista degli eventi potenzialmente avversi di seguito descritti possono rendere in modo approssimativo l’idea:
- Trascuratezza emotiva ma bisogni finanziari e fisici soddisfatti;
- Mancanza di un genitore protettivo e accogliente;
- L’esperienza di perdersi di un centro commerciale;
- Ignorare il bambino alle sue richieste inclusi i capricci prolungati estremi;
- Lunghi periodi di separazione o assenza che possono sviluppare nel bambino un senso di abbandono. Non supportare i sentimenti del bambino senza spiegare dove sia il genitore o l’assenza non viene discussa o spiegata;
- Malattie familiari: molto dipende da come vengono gestite;
- Abusi di sostanze da parte dei genitori, visibili o nascoste;
- Negligenza nella cura fisica o affettiva e incapacità di modulare gli stati emozionali del bambino;
- Educazione denigratoria o autoritaria, spesso ricorrendo agli schiaffi, punizioni o le minacce convinti sia un intento educativo (di solito per affermare la propria autorità, per la mancanza di pazienza o lo sfogo personale che vengono riversati sul bambino per l’incapacità di controllarsi o di comunicare) o con richieste eccessive che vanno oltre i limiti e le possibilità del bambino. Entra in gioco anche un’educazione iperprotettiva, che non permette al bambino di esplorare, giocare, manifestarsi, sviluppare un’autonomia sana, senza farsi carico delle paure e delle ansie del genitore;
- Essere testimone di violenza o conflitti violenti frequenti o agiti e irrisolti fra partner, anche taciuti, sia in presenza che in assenza dei bambini. Sentono, vedono assorbono ogni cosa e non funziona la credenza “tanto non ci sono o davanti a loro non lo facciamo”. È molto comune per i bambini attivare un comportamento iperprotettivo verso un genitore o verso le persone amate ( include la genitorializzazione precoce) o mostrare a tollerare un loro riavvicinamento dopo una separazione provare. Questo vale anche per le liti frequenti in una famiglia che vede l’incapacità di una separazione;
- Figli contesi in caso di separazione o divorzio, in particolare se questo avviene in un clima ostile;
- Silenzi prolungati non motivati, assenza di comunicazione che fa gravare sul bambino o adolescente un forte senso di solitudine;
- Traumi nascosti possono generarsi attraverso, comportamenti manipolatori o ricattatori da parte del genitore che inducono instabilità e insicurezze nel bambino; Scoppi di rabbia ricorrente e immotivata manifestata da parte di un genitore.
- Atti di Violenza vista in tv o nella comunità
- Un supporto ambientale deficitario o fallimentare;
- Un intervento chirurgico molto precoce;
- Un trauma di attaccamento molto difficile, ad esempio una madre profondamente depressa o non disponibile affettivamente o malata o caregiving caotici.
LE ESPERIENZE SI TRASFORMANO IN SINTOMI E DISAGI
A seguito di tali esperienze avverse vissute nella prima infanzia i bambini sviluppano danni nel processo di crescita e problemi cronici a più livelli. In base a quanto denunciato da Van der Kolk, nonostante le vittime di abuso e trascuratezza da parte delle figure primarie di attaccamento sono più comuni e complesse di quello che si pensa, il nostro sistema diagnostico pare abbia deliberatamente ignorato questa evidenza con l’impatto che i traumi hanno su bambini che crescono in ambienti in cui sono sottoposti ad esperienze di questo tipo in modo continuativo. (Van der Kolk 2014, p.165)
Il trauma si fissa all’interno del sistema nervoso, mantenendolo all’erta e facendogli perdere la propria flessibilità. Dobbiamo quindi aiutarlo a ritrovare la propria iniziale larghezza di banda e di forza. (P. Levine) L’intervento tempestivo risulta essere fondamentale al fine di contenere i danni. I sintomi che possono manifestarsi variano in base all’età, presentarsi a gruppi, essere parziali, comparire a poche ore dall’evento traumatico o presentarsi dopo giorni o settimane. I sintomi ( Per approfondire clicca qui) possono presentarsi con grande intensità ed essere seguiti da una remissione graduale o possono permanere e aggravarsi nel tempo.
L’ALTRO VOLTO DELLA COMUNICAZIONE: I SINTOMI DEL TRAUMA
“tengo il mio orecchio premuto sul tuo cuore, io ascolto tu insegnarmi a sentire”
Molteplici possono essere le risposte emotive, fisiologiche e comportamentali del bambino a seguito a criticità relazionali o a traumi vissuti nella fase evolutiva, spesso sono sintomi passeggeri, altre volte il perdurare della situazione richiede l’intervento di un professionista per la presa in carico del bambino e della sua famiglia. I disturbi da somatizzazione nel bambino possono mostrarsi in modalità reattiva o esattamente all’opposto (es. rabbia o apatia) e coinvolgere ogni sfera della vita: scolastico, familiare, gruppo di pari, legale, salute, obiettivi. In questi casi, quello che fa la differenza è cogliere tempestivamente il messaggio che il bambino vuole trasmettere attraverso la manifestazione del disagio o del sintomo. Dai bambini possiamo imparare molto, prestare attenzione e stare in ascolto può aiutarci davvero molto a comprendere come correggere alcuni comportamenti disfunzionali che mettiamo in atto, al fine di regalare una vita serena ai nostri figli. La breve lista fornita qui di seguito fornisce un’idea di come il bambino, in base alla fascia di età, comunica il suo disagio psicologico attraverso il sintomo, una modalità che avviene più spesso di quello che si pensa:
- Agitazione, comportamenti disorganizzati, regressioni, disturbi della regolazione del sonno sia nei più piccoli che nei bambini più grandi, alimentazione e nella minzione o evacuazione, pianto prolungato e apparentemente immotivato, paure, ansia da separazione. (risposte nei bambini più piccoli)
- Difficoltà nell’apprendimento, sentimenti di vergogna, impulsività o aggressività mostrata per un nonnulla verso persone o oggetti; iperattività oppure manifestare delle risposte opposte, come apatia e disinteresse verso il gioco o le attività ricreative con i compagni, ipo-attività. La lista include anche i capricci prolungati ed estremi. Eccessiva preoccupazione con un senso di minaccia costante e paure generalizzate, tra queste la paura della scuola o di staccarsi dalla mamma. Ricerca costante di sicurezza o rassicurazione.
- Cefalea idiopatica – può manifestarsi precocemente con vertigini, febbri senza causa apparente, dolori addominali frequenti, vomito ricorrente, dolori o affaticamento articolari.
- Sintomi gastrointestinali e problemi legati alla sfera alimentare e intestinale.
- Problemi respiratori- come le crisi pseudo – asmatiche o tosse legata a stress e ansia
- Malattie cutanee: alopecia, dermatiti, orticaria possono essere il risultato di vissuti negativi o legati a difficili relazioni interpersonali o all’esistenza eventi stressanti permanenti o specifici eventi critici.
- Oltre i disturbi elencati nella fase adolescenziale i ragazzi possono manifestare vari tipi di disagi e sintomi per l’alto stato di “attivazione” in cui si trova l’organismo. Tra questi: difficoltà nella gestione degli stati emotivi, stati d’ansia, depressione, condotte sessuali a rischio, comportamenti aggressivi e lesivi fisici e verbali verso i familiari, gli altri o se stessi; Comportamenti spericolati e di dipendenza: cibo, sostanze di abuso; Disturbi psicosomatici inclusi mal di testa gravi ricorrenti, dolore o affaticamento cronico o problemi non del tutto spiegabili. Stati emotivi intensi, negativi che persistono: paure, rabbia, colpa o vergogna; Sentimenti di isolamento o fobia sociale, distacco o di estraneità verso gli altri con spiccata insicurezza e sfiducia.