La cosiddetta fase oppositiva insorge tra i 2 e i 4 anni e, come tutte le fasi, passa l’importante che il bambino la esprima senza che le sia negata, senza colpevolizzarlo o sgridarlo, ma cercando di orientarlo con un serie di regole adottate per tentativi e, seppur con fatica, senza mai perdere la pazienza.
In questa fase il bambino definisce la sua identità, imposta il suo modo di essere, inizia a riconoscere di essere una persona a sé stante rispetto alla mamma e alle persone che lo circondano. Il bambino osserva ed esplora l’ambiente, ma difficilmente a livello cognitivo ed emotivo lo comprende e in quei NO, “non voglio mangiare questa cosa…”, “non voglio mettere quel vestito”, “non voglio mettere in ordine” ecc., mette alla prova i suoi limiti, sperimenta il mondo attraverso prove ed errori, è l’istinto che lo guida in questa fase. Una svolta importante e necessaria per il bambino, per crescere deve necessariamente separarsi dall’altro per definire la propria individualità. In quei NO è come se dicesse “sono diverso da te, voglio fare, scegliere e decidere per me …”
Questo non vuol dire permettere al bambino di fare tutto quello che vuole, perché il “tutto e sempre” lo fa entrare nell’illusione di un’onnipotenza immaginaria che esula dalla realtà vera. Nei NO dei genitori, spiegati e motivati, il bambino impara a riconoscere una separazione tra sé e l’altro; che la mamma può continuare ad amarlo pur dicendo no quando serve; apprende e si apre al confronto e al rispetto verso l’opinione dell’altro; che l’altro ha i propri spazi e non può essere sempre a disposizione; nell’esperienza frustrante del no assimila il duplice aspetto della realtà: anche l’esperienza meno bella fa parte della realtà vera.
Sicuramente è complicato comprendere qual è il giusto equilibrio. Se da una parte la troppa permissività apre il bambino all’illusione di una mamma onnipresente e accudente, sempre a disposizione nel soddisfare i suoi bisogni, per arrivare a credere che può ottenere le cose senza fatica; dall’altra i troppi NO inibiscono la personalità del bambino, con il rischio di esasperarne il comportamento oppositivo e fargli sperimentare una frustrazione insostenibile.
Sappiamo bene che non esiste una dualità così netta, solo SI o solo NO, la vera realtà non è questa e la vita non è fatta solo di esperienze completamente positive o completamente negative. La cosa che può venirci in aiuto in questi casi è la sensibilità, l’empatia e l’ascolto insieme al buon senso. Come genitori è importante non vedere questo atteggiamento come un affronto personale, credendo che il nostro ruolo sia in pericolo o che siamo manipolati o presi in giro. Ricordarsi che il bambino non mette in atto questa modalità per sfidare il genitore, ma per comprendere le sue potenzialità e possibilità; nella gran parte dei casi quello di cui ha più bisogno è la nostra approvazione, sentirsi compreso, riconosciuto e rispettato e che le sue emozioni possano essere accettate e verbalizzate.
Cosa possiamo fare?
Valutare il momento e il da farsi, intervenendo in modo autorevole in situazioni di potenziale pericolo per garantire dei limiti senza imporli. In altri casi fornire al bambino la possibilità di sperimentarsi, sbagliare e gioire delle sue piccole conquiste, anche nelle cose più semplici, come fargli sentire come sta in un abito piuttosto che un altro o lasciando che si sperimenti in aree in cui potrebbe fare la necessaria esperienza della trasgressione, evitando di imporre troppi divieti o di essere troppo insistenti nelle richieste. Ricordiamo che nella relazione genitori/figli c’è uno scambio, si cresce insieme nell’esperienza, l’adulto forma il bambino e questi modifica il comportamento dell’adulto. (Gandolfi, 2008)
Se vogliamo essere utili alla crescita dei nostri figli dobbiamo scegliere di diventare adulti consapevoli e maturi. Come genitori dobbiamo mettercela tutta non per essere perfetti, ma per essere efficaci. La prima cosa da fare è quello di impegnarsi a risolvere e lasciare andare i problemi, causa della nostra infelicità, che inevitabilmente ricadrebbero sui nostri figli con risposte impulsive e spesso di rabbia.
A causa dei condizionamenti del passato il ruolo di genitori appare davvero complicato. Questo processo viene costantemente sabotato, lasciando ferite profonde nel bambino che manifesta con disagi emotivi e fisici: capricci insistenti, tosse e raffreddori perenni, enuresi notturna, iperattività, lotte di potere e altri disturbi che possono essere latenti o manifestarsi più avanti nel tempo. Campanelli di allarme da cui si evince che il bambino vive un disagio e non è sereno. Il trauma nel bambino? Clicca qui per saperne di più
Affinchè i nostri figli possano sviluppare dei confini ben definiti, con la capacità di fornire risposte assertive di fronte le sfide della vita, spetta a noi genitori il grande ruolo di accoglierli, accompagnarli e contenerli quando è necessario, amarli al di sopra di ogni cosa e, soprattutto, ascoltare con pazienza e rispetto la loro visione della realtà per sostenerli nel lungo percorso che li condurrà ad essere se stessi. Solo in questo modo cresceranno felici, sentiranno di avere radici solide, ameranno la propria natura e si rispetteranno.
“I genitori non devono essere perfetti, i figli devono essere felici non farci felici”
Madre Teresa di Calcutta